Un milione di applausi per "Il Mio Chiasso"


Qualcuno potrebbe obiettare. Qualcuno potrebbe condividere. Per altri - "Il Mio Chiasso" - non fa altro che confermare un modo come un altro di stare al mondo. Una forma di schiavitù o forse una religiosità calcistica vissuta con eroico furore. Smessi i vestiti di un fratello maggiore (il sito ufficiale del club) in perenne conflitto su cosa voler essere o diventare, nel gennaio del 2011 nasce per volontà di alcuni (veri) tifosi un blog destinato a diventare un punto di riferimento quotidiano per la comunità rossoblu e non solo per quella. Domenica scorsa, il quotidiano d'informazione mediatico ha superato il milione di visite. Un record duro da eguagliare e al quale - noi altrettanto malati di fede calcistica - possiamo solo guardare dal basso di numeri che per quanto discreti non avvicinano che in minima parte i dati raccolti in questi tre anni scarsi da "Il Mio Chiasso". Dietro un record unico nel proprio genere, ci sono lavoro e passione quotidiane.
Quelle che ti permettono di scavare nel profondo di ciò che credi per dare continuità ad una passione senza età. So di cosa scrivo. So quanto costa sacrificio, magari dopo dodici ore di lavoro, aprire la posta e trovare gli appunti ai quali rispondere. So cosa significa essere soli e stanchi  e dover dare continuità ad un servizio che poi molti ritengono quasi un dovere. Come se pagassero un abbonamento. Come se chi scrive percepisse un rimborso. Come se vi fossero sponsor dietro spalle larghe abbastanza per non averne bisogno. So anche cosa vogliono dire milioni di complimenti e promesse di collaborazione svanite dopo pochi giorni. Lo so perchè non è facile dare continuità ad un progetto quando alle tue spalle non sbocciano che critiche o complimenti, ma nessuna o rare collaborazioni. Dietro "Il Mio Chiasso" ci sono chilometri di strada macinati contro il tempo, contro logica, contro tutto e tutti per poter stare con orgoglio e fermezza dalla parte di chi c'è sempre stato. Perchè - come scritto qualche tempo fa su uno striscione esposto al comunale - i giocatori vanno e vengono ma la maglia resta sempre quella. Mi ha scritto in queste ore un membro dello staff tecnico della prima squadra: "dopo la partita con il Servette la squadra ha scelto di andare comunque a ringraziare i tifosi , prendendosi una buona dose di fischi e insulti, per il sostegno incondizionato avuto durante la partita. Sugli striscioni scrivono di onorare la maglia e credo che a questi ragazzi da questo punto di vista non si possa rimproverare nulla". Vero. Si potrebbe però rimproverare che un saluto lo si merita indipendentemente dal risultato del campo. Perché questi ragazzi, che poi sono quelli che mandano avanti il blog, c'erano anche a Bienne ed anche alla Gurzelen hanno sostenuto la squadra per tutta la partita. A volte, onorare la maglia per 45 minuti può non essere abbastanza per essere grati a chi onora la propria fede con così tanta passione. Un punto sul quale dibattere. Un punto dal quale ripartire a caccia dei due milioni di visite. Tappa che verrà bruciata con un lasso di tempo inferiore al primo record. Ne sono certo. (DP)

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