di Davide Perego
C’è bisogno di scoprire il nuovo per dimenticare il vecchio. Però, per sostituire una certezza con un’incognita, servono coraggio e maturità. Dopo il 6 aprile del 2011 - data in cui Alexander Frei e Marco Streller annunciarono il loro ritiro dalla Nazionale scelta imputabile ufficialmente alle critiche dei tifosi - Ottmar Hitzfeld ha potuto dare libero sfogo alla propria fantasia costruendo la nazionale del futuro. Quella che ha dominato il girone di qualificazione al mondiale del 2014. Senza riserve. Senza vincolo alcuno. Oggi, a
traguardo raggiunto, ci si chiede sostanzialmente questo: perché la storia ad un certo punto imbocca una strada piuttosto che un’altra? Perché (almeno) Marco Streller non ha cambiato idea? Se oggi la nazionale rossocrociata potesse contare su Marco Streller, sarebbe probabilmente la più forte nazionale svizzera di tutti i tempi? Non lo sapremo mai. Ci sono uomini che telefonano e uomini che non telefonano. Il capitano del
Basilea è uno di questi ultimi.
Oggi, in un calcio che modifica con passi esageratamente lunghi i connotati di una squadra, Ottmar Hitzfeld ha il solo imbarazzo della scelta. Ma non là davanti. Dove un uomo come Streller – magari in attesa di Nicolas Hunziker - chiuderebbe il classico cerchio senza il rischio di un investimento sbagliato in una competizione così tanto unica ed importante. I giovani talenti svizzeri – frutti di una delle migliori scuole calcio europee - sono nei desideri dei grandi club. Dietro i campioni del presente, scalpitano giovani promesse che difficilmente tradiranno. Le classi 92’ e 93’ – quelle per intenderci dei vari Widmer, Kasami o dello sfortunato Ben Khalifa – sono lì a dimostrarlo. Prima ancora, c’è chi si è imbattuto in un ruolo nel quale mai come oggi le soluzioni si sprecano. In anni diversi, Adrian Winter, Moreno Costanzo, Marco Mathys o il più giovane Luca Zuffi, avrebbero vestito la maglia della nazionale per diventarne degli indiscutibili perni.

Dal 12 febbraio 1905 (Parigi, Francia – Svizzera 1:0) i 109 anni di storia della nazionale, sono stati gestiti da 35 allenatori. Da Francois Dégérine ad Ottmar Hitzfeld. Qualificata senza sconfitte dominando un Gruppo E formato da Albania, Cipro, Islanda, Norvegia e Slovenia, la nazionale si è concessa il lusso di qualche amichevole di prestigio (entrata di diritto nella storia la vittoria del 14 agosto contro il Brasile al St. Jakob) e dopo la parentesi mondiale attenderà l’Inghilterra per cominciare il ciclo di gare di qualificazione all’Europeo del 2016 guidata dal nuovo tecnico Vladimir Petkovic. Due Champions League. Una Coppa Intercontinentale. Sette campionati, tre Coppe e quattro Coppe di Lega in Germania. Due campionati, tre Coppe e una Supercoppa in Svizzera. A 65 anni, il dimissionario Ottmar Hitzfeld ha vinto tutto come allenatore, vantando il singolare record di essere insieme a José Mourinho, Jupp Heynckes ed Ernst Happel l’unico ad aver guidato due squadre differenti ad alzare il più prestigioso trofeo per club d'Europa. Il 65enne del Baden- Württemberg - per quella che sarà la sua ultima manifestazione da allenatore – ha già confermato che non sposterà le sue scelte dal gruppo base di una ventina di elementi che hanno giocato l’ultimo test con la Croazia a Lucerna. Il recupero di Fabian Schär e l’assortimento di incognite in attacco rappresentano le maggiori preoccupazioni prima di chiudere i bagagli per volare a Weggis da dove – il prossimo 25 maggio – inizierà l’avventura mondiale che porterà al soggiorno in quel di Porto Seguro dove la nazionale alloggerà durante la competizione. Ecuador (15 giugno), Francia (20 giugno) ed Honduras (25 giugno) saranno le avversarie nel girone di qualificazione. Sfortunata nel 2006 (uscì dal mondiale tedesco senza subire un solo goal), la Svizzera aprì battendo la Spagna, con lo storico tocco da due passi di Gelson Fernandes, il torneo del 2010 in Sudafrica, ma non seppe poi ripetersi uscendo di scena a testa bassa e senza più segnare una rete nelle successive partite con Cile ed Honduras. Merito del tecnico tedesco, quello di aver amalgamato - sulle basi degli insuccessi del “Free” e del “Nelson Mandela Bay Stadium” – un gruppo solido di elementi che il contributo per la propria nazionale lo hanno consacrato dopo essersi ritagliati uno spazio importante nelle rispettive squadre di club.

La Swiss Football League, ha dato mandato ad una società esterna di realizzare un'analisi su aspetti fisici e tecnici del massimo campionato elvetico. Il confronto con le partite della Champions League, della Premier League inglese, della Ligue 1 francese, della Bundesliga tedesca, della Liga spagnola e della Serie A italiana ha evidenziato una caratteristica che è poi anche alla base dei successi della nazionale. Raffrontato il dato dei chilometri percorsi in partita dagli undici giocatori, considerando la differenza tra fase di possesso e non possesso palla, la Super League risulta al primo posto assoluto per chilometri percorsi in media durante una partita. E’ quindi una nazionale che corre molto, quella di Hitzfeld, dotata di un lotto di lavoratori del centrocampo di assoluto primo piano mondiale e di esterni che non si fanno pregare per sviluppare al meglio le due fasi. La “nati” non ha mai avuto un potenziale simile a quello attuale. Certezza e fiducia in ogni componente di questo successo non sono mai state tanto spiccate. "In passato la Svizzera scendeva in campo con l'obiettivo di non perdere con disonore, mentre oggi vuole fare tutto il possibile per vincere". E’ nelle parole dello psicologo Ruedi Zahner, padre spirituale del programma per lo sviluppo della personalità negli atleti e negli allenatori - voluto dalla ASF – che si cela una filosofia risultata determinante per la crescita mentale di una generazione esplosa a livello di risultati da prima pagina con la conquista dell’Europeo U17 del 2002 e del Mondiale U17 del 2009. Il programma di formazione – la scuola calcio tanto sognata e voluta dall’ASF – ha contribuito alla crescita esponenziale di un paese di tradizione che però non ha mai scommesso, in un passato comunque distinto, su risorse ed investimenti in campo strutturale e professionale. La Svizzera di oggi è sicuramente pronta per giocare da protagonista la fase finale dei Mondiali. Inler, Dzemaili e Behrami sono il centrocampo di uno dei club più forti d’Europa. Diego Benaglio e Yann Sommer sono portieri che aggiungono valore ad un reparto che in passato non ha sempre convinto nei grandi appuntamenti. Xherdan Shaqiri – pupillo di Pep Guardiola – è un mix di talento ed energia come la nazionale svizzera non ha probabilmente mai avuto. E poi ci sono le incognite: che partono da coloro che segnano con continuità in Bundesliga come Josip Drmic o Admir Mehmedi e ci sono quelli che non hanno ancora dimostrato tutto. Come Klose, Rodriguez, Xhaka e come lo stesso Valentin Stocker. Squadra “leggerina” ? Qualcuno ha scritto anche questo. Ma a squadra che gioca un buon calcio il “leggero” importa fino ad un certo punto. E Hitzfeld, che non è un idiota, sa benissimo anche questo.

Due saranno i giocatori da tenere d'occhio. La conferma è Stephan Lichtsteiner. Quando il "Basler Zeitung" scrisse che “esprime un’energia tale che potrebbe riscaldare una casa intera”, non erano in molti a prevedere per il ragazzo di Lucerna – allenato dal padre Reto fino all’Under 13 - un futuro da assoluto ed insostituibile protagonista in una delle squadre più forti del continente. Legando i propri successi professionali all'organizzazione umanitaria “Solidarmed” – organo che in Africa sostiene tra le altre cose programmi in materia di salute per il contenimento dell'Aids, Lichtsteiner si è rivelato anche per la sua particolare attitudine nell’aiuto per i più bisognosi recandosi tra l’altro in Mozambico per assistere con i propri occhi alla vita della gente di quei luoghi. In campo e nello spogliatoio, l’esterno destro della Juventus, è uno degli elementi che emergono per determinazione, temperamento e ricerca della perfezione. Insomma, nel Mondiale della piena consacrazione, l’apporto del “treno” sarà un fattore determinante. La scommessa è invece Xherdan Shaqiri. Che in autunno – considerando comunque che i passi da fare sono ancora lunghi - ha confessato che il suo sogno sarebbe quello di vincere un giorno un titolo con la maglia della Svizzera. Scuola Basilea, stella del Bayern Monaco, pupillo di Pep Guardiola, tiene i piedi per terra e crede in questo traguardo ponendolo quale incentivo per l'ascesa ancora più sensazionale del calcio svizzero. Su di lui si è scritto oramai tutto ed è una delle fondamentali motivazioni per le quali la scuola calcio svizzera e soprattutto gli allenatori delle scuole giovanili – di club e della nazionale – possono vantare riconoscimenti unanimi a livello internazionale. Restare indifferenti a quanto fatto dal ragazzo di Gnjilane e al suo valore di mercato attribuito da una stampa che lo vuole ogni giorno vicino ad un grande club differente (Liverpool, Internazionale, Juventus) significa al tempo stesso essere insensibili e prevaricati nel giudicare la Svizzera, la sua nazionale, il suo torneo di Super League (uno di quelli con la media spettatori più alta d’Europa) un movimento dal patrimonio tecnico inestimabile.
Dicono del calcio svizzero
"La reputazione del calcio svizzero in Germania è esemplare. Quello che la Svizzera, con una popolazione di appena un decimo rispetto a quella tedesca, è riuscita a fare con i suoi calciatori negli ultimi anni, mi lascia esterrefatto. Già soltanto il fatto che la squadra di un paese così piccolo si sia qualificata alla fase finale dei Mondiali, non va sottovalutato".
(Marcel Reif, opinionista per l'emittente televisiva tedesca Sky)
"In passato la Svizzera scendeva in campo con l'obiettivo di non perdere con disonore, mentre oggi vuole fare tutto il possibile per vincere".
(Hans Ruedi Zahner, psicologo, collaboratore ASF, ex calciatore)
“Sono rimasto colpito da come, in poco tempo, la federazione svizzera abbia adattato le migliori idee acquisite dall'estero e stabilito un chiaro sistema di formazione. Quadricipiti forti e una buona tecnica non bastano più”.
(Joachim Löw, tecnico della nazionale tedesca)
"Nonostante le sue radici tedesche, Ottmar Hitzfeld è al 50 per cento un allenatore svizzero, un viandante tra due mondi, che ha fatto sue le qualità di entrambe le culture calcistiche, proprio come i giocatori svizzeri che sono riusciti ad avere successo nella Bundesliga".
(Marcel Reif, opinionista per l'emittente televisiva tedesca Sky)
“Non porsi alcun limite non significa aspettarsi qualcosa di irrealistico, bensì non considerare impossibile qualcosa di straordinario.”
(Xherdan Shaqiri, trequartista della nazionale)
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