di Davide Perego
Dopo il fallimento nel mondiale brasiliano e le dimissioni di un numero ancora non quantificato di professionisti e portaborse, in Italia ci si interroga sui mali di un sistema che puzza da tutte le parti. Il quotidiano sportivo di punta ha proposto in rapida successione i propri approfonditi dossier. Sul banco degli imputati ci sono più o meno tutti gli enti istituzionali che mandano avanti il circo del calcio. Fuori dal coro - ovviamente - la categoria dei giornalisti, spesso in commistione proprio con gli enti di controllo e legata a filo indissolubile con le società (tutte). Sabato scorso, sono stati presi di mira i giocatori stranieri. Troppi e scarsi: questo il sintetico risultato dell'inchiesta. Secondo Federico Pastorello, agente che ha gestito tante operazioni importanti tra Italia ed estero, «altrove i dirigenti sono più attenti e preparati. I comunitari? Si cerca di avere la stessa qualità a un costo più basso».
E più di una volta dai procuratori si sentono ripetere mantra tipo: «Lo proposi a X per pochi soldi, mi risero in faccia, poi lo ha preso Y che fa la Champions». Poi il costo alto dei nostri, a partire dai giovani: le piccole hanno rose gonfiate di prestiti, coltivano pochi gioielli, sono costrette a sparare alto per monetizzare e spesso tendono a venderne la metà (ma ora non si può più) per poter trattare ancora l’anno dopo. Esempio di questi giorni, senza far nomi: una squadra di A cerca un centrale per le giovanili, adocchia un adolescente di Lega Pro che promette bene, si sente chiedere mezzo milione e ripiega su un pari età francese che le costa un decimo. Ad ogni modo, nella Top 11 dei giocatori più scarsi del campionato italiano sono finite anche tre bandierine svizzere, appiccicate chissà con quale criterio dagli esperti della testata. Jonathan Rossini (Sassuolo), Zdravko Kuzmanovic (Inter) - nazionale serbo lanciato dal Basilea ed Adilson Cabral (Genoa) anche lui ex Basel che ha risposto nel 2012 alla chiamata della nazionale maggiore di Capo Verde per una partita contro il Ghana. Resta chiaramente soggettiva la Top 11 che ad ogni modo non ha fatto altro che confermare la crisi non solo calcistica in cui versa il sistema sportivo italiano.
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