Quel sogno possibile chiamato Super League


di Massimo Schira

Quel sogno chiamato Super League è ormai più di un sogno, sta diventando una necessità. L'unica possibilità di sopravvivenza e sviluppo per piazze calcistiche con una certa ambizione. E siccome al Ticino la massima serie del calcio nazionale manca "come il pane", servono strategie chiare per riportare una squadra nella top-10 del pallone nazionale. Strategie, ad esempio, come quelle messe in atto con successo a Thun, ma che anche nei pensieri del presidente del Lugano, Angelo Renzetti, non mancano. Riflessioni da cui parte un breve viaggio del Caffè sull'asse Ceresio-Thunersee all'inseguimento di quel sogno chiamato Super League.
"La base da cui partire è la costruzione di un gruppo dirigenziale solido - afferma Renzetti -. Come ha del resto dimostrato il caso dell'Agno quando è salito dalla Seconda Lega fino alla Challenge League.
Nel calcio un presidente non può certo sopportare il deficit da solo. Serve un gruppo credibile e di facile lettura, sia sotto il profilo organizzativo, sia sotto quello tecnico". Un'analisi che trova piena condivisione anche in casa di chi, negli ultimi anni, il balzo avanti è riuscito a compierlo. La conferma arriva dalle parole di Markus Lüthi, presidente del Thun, realtà sportivamente di successo che vive però sempre sul filo del rasoio. "Ogni anno è una grande sfida per una realtà come la nostra - commenta -. Gran parte dei club concorrenti in Super League ha un donatore di riferimento. Dal Basilea allo Zurigo, passando per Lucerna, Sion, Grasshoppers o Young Boys. Noi no. E il successo sportivo può anche far aumentare i problemi. Nel senso che quando gli obiettivi crescono, crescono in generale anche le spese". LEGGI IL RESTO

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