For love of the game: Flavio Ferraria


Siano benedette le lettere che tra una giornata normale e l'altra storta si fanno attendere.
Siano benedette le lettere, non necessariamente d'amore, uscite dal magico di cilindro dei ricordi di un'esistenza.
Siano benedette le lettere che ti fanno venire la pelle di cappone e che ti strappano una lacrimuccia.
Anche se non lo conosco, Flavio Ferraria non è esattamente l'ultimo arrivato. Ha una storia alle spalle che ha radici lontane, nel cuore degli anni settanta e spontaneamente, senza pretendere nulla di che, ha voluto raccontarmela per poi cedere al corteggiamento nemmeno tanto insistente di lasciarla pubblicare. Una storia d'amore, per il gioco del calcio, per la Svizzera e per il FC La Chaux de Fonds. La prima puntata di una storia meravigliosa cui però sembra mancare un epilogo fantastico pari a quello che ha permesso alla nazionale di Hitzfeld di mettere i piedi sulla schiena della Spagna per la classica foto di rito.


" Solo da pochi giorni, me ne faccio sicuramente una colpa, ma meglio tardi che mai, ho scoperto il suo sito di...chalcio svizzero, ne sono rimasto entusiasta e devo dire molto emozionato quando ho letto il suo profilo. Vengo al dunque. Sono nato a Roma nel 1958, città dove sono cresciuto e nella quale svolgo dal 1978 la professione di commercialista. Dal 1970 seguo COSTANTEMENTE il calcio svizzero. Le assicuro che per un romano non è stato facile: in quegli anni non esistevano ne parabole satellitari, ne internet. Il tutto era seguto tramite i quotidiani ( "Le Matin" e "Blick") che arrivavano nella capitale con giorni di ritardo e con l'abbonamento al mitico bi-settimanale "Semaine Sportive" con la firma auterevole di Jacques Ducret. Poi la radio.


Solo di sera, sulle onde medie 558 di Monteceneri, per poter sentire le radiocronache, guarda un pò di Sergio Ostinelli ed Enrico Carpani, spesso senza  riuscire a sentire il risultato finale a causa dei continui disturbi. L'unica soluzione era quella di attendere la mattina dopo con la speranza che "La Gazzetta dello Sport" publicasse risultati e classifica della Divisione Nazionale A.
Il Lunedì  mattina sulle onde corte di "Radio Svizzera Internazionale" era imperdibile il punto del campionato fatto dal giovane Ostinelli. Come "ascoltatore" ho vissuto momenti emozionanti: dalla Coppa dei Campioni dello Zurigo di Jeandupeux e Cuccinotta, a quelli del GC di Sulser e Ponte e del Basilea di Hitzfeld e Odermatt.


E la nazionale? Stessa storia: alla radio e, quando possibile, sui giornali. Quanti  bocconi amari con i rossocrociati. in quegli anni; ancora studente delle scuole superiori ero preso in giro e deriso, ma dentro di me orgoglioso per due motivi: stare con gli..."indiani" mi dava una forza, una carica per non mollare questo calcio elvetico e poi quel suscitare curiosità tra compagni di scuola, amici e parenti. Sembravano tutti interessati, anche se con sarcasmo alle vicende del football suisse. Crescendo e arrivando alla maggiore età ho affinato qualcosa. Potevo finalmente viaggiare! Ho iniziato così a dividere le mie giornate tra il lavoro nello studio di mio padre, la preparazione agli esami universitari e il calcio...svizzero. Insomma un vero malato! Ho iniziato a seguire la nazionale rossocrociata in varie trasferte nell'era "WOLFI" e le prime volte l'emozione era fortissima. Ho potuto vedere dal vivo personaggi che avevo solo immaginato alla radio e sognato in fotografia. Storie indelebili.


Lei lo ha ricordato proprio oggi: la vittoria sull'Italia mondiale qui a Roma dove in "Tribuna Tevere" al gol di Elsener si sentì un solo grido: il mio! E poi quella Svizzera-URSS a Berna il 17-04-85:  2:2 in un Wankdorf stracolmo di gente. Ho visto un altro 2:2 a Glasgow contro la Scozia nel marzo del 1983, lo 0:0 di Copenaghen contro la Danimarca con l'esordio di Alain Sutter. Dopo Wolfisberg arrivò Jeandupeux ed io stavo diventando un uomo senza che  la passione per il calcio svizzero si affievolisse.
Proprio con l'arrivo di Daniel, mi permetto di chiamarlo con il nome di battesimo perchè ancora oggi ci lega una profonda amicizia, la nazionale Svizzera mise la prima pietra per un radicale cambiamento che contribuì a modificare anche il mio atteggiamento: cominciai a diventare un pochino professionale. Nell'era di Jeandupeux vidi ben 18 match e la ventennale amicizia con questo mito del calcio elvetico cominciò quando lo invitai  negli studi di una televisione privata romana due settimane prima della sfida di Milano contro l'Italia per la qualificazione agli Europei del 1988. In quell'istante ho capito quale dovesse essere il mio destino. La mia vita prende una piega imprevedibile quando il buon Daniel comincia a presentarmi parecchi personaggi del "foot elvetique", Challandes e Morinini tra i primi. Inizio a frequentare gli stadi di tutta la Svizzera al punto che  posso sicuramente riconoscere di sapermi muovere con maggior disinvoltura nel territorio elvetico che non nelle strade della mia Regione.


Seguo partite non solo della massima serie, ma
anche dell'attuale Challenge League così come quelle della Prima Lega senza sottrarmi al piacere di essere presente alle gare delle rappresentative giovanili della Svizzera. Non voglio vantarmi, anche perchè non sono e non voglio essere un procuratore, però sono quello che ha scoperto Djourou e ha avuto il merito di portarlo all'Arsenal come lui stesso scrive sul suo sito.
Queste esperienze e le amicizie mi hanno portato ad entrare direttamente nel 2003 in un club svizzero e precisamente al FC La Chaux-de- Fonds dove ho ricoperto da prima il ruolo di Direttore Generale e successivamente quello di Presidente.

Furono 5 anni intensi dove scoprii giocatori quali Alphonse, Fermino, Valente, BouzianeFerro che convinsi a venire in mezzo alle montagne neocastellane ed altri due ragazzi, in campo mercoledì contro la Spagna: Fernandes e Derdiyok che poi preferirono altri club.
 La cosa che ricordo con più piacere di quegli anni non sono tanto i risultati sportivi, ma un'intervista, fattami
da Emanuele Saraceno, caporedattore sportivo dell'Express e Impartial, che intitolò appunto l'intervista: UN ROMANO VERAMENTE SVIZZERO!
Questo mi sentivo di condividere con Lei: una passione per il calcio svizzero che porterò sempre con me.
Grazie per la sua pazienza".

Flavio Ferraria

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