Il rapporto tra calcio e business è un costante muoversi sul filo del fuorigioco. Giocando tra operazioni ai limiti del regolamento incrociando le dita a che il guardalinee non alzi la bandierina. Lo scorso mese di maggio, la Fifa ha messo al bando le cosiddette Tpo, ossia "Third party ownership", operazioni finanziarie che permettevano a società o singoli investitori di diventare proprietari di giocatori per approfittare poi dei profitti sui trasferimenti. E quindi tutto il sottobosco nebuloso che ruota attorno al dorato mondo del pallone ha cercato (e trovato) altre soluzioni. Che si traducono oggi in un termine ben noto all’economia: "subprime". Ma per capirne i meccanismi è necessario andare per tappe.
Come evidenziato da un’inchiesta del quotidiano LeTemps, per aggirare la nozione giuridica di proprietà, ad essere ceduti oggi sono crediti. Molti club anche di alto livello si trovano attualmente in difficoltà economica, soprattutto perché faticano molto di più rispetto al passato ad ottenere denaro in prestito dalle banche. Da qui l’esempio concreto portato alla luce dal sito Football Leaks con al centro il giocatore portoghese Bernardo Silva. Nell’inverno 2014-2015, il calciatore passa dal Benfica all’As Monaco per la cifra di 15 milioni di euro. Nelle casse del club portoghese, però, quei soldi non arrivano (o, meglio, erano già arrivati in precedenza). Perché? A caccia di liquidità, il Benfica aveva ceduto già ceduto quei crediti ad una società londinese, XXIII Capital, che essendo quotata in borsa è stata costretta ad ammettere il meccanismo definendo la procedura come "operazione comune a molte società sportive in Europa".
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